Mediterranean Emergency: Design Against Disasters (DAD!)

Social, political and economic turmoil appear to be an on-going agony for the Mediterranean region, ever since, perhaps, the emergence of “Mare Nostrum” in Roman times. The issues we face today have always been present. However they have come to the surface differently in recent years and demand urgent responses in accordance with their new characteristics.
We know that limited economic growth and unequal distribution of wealth are some of the reasons causing migration today, in addition to inadequate access to basic services and fundamental rights, which make people “vulnerable to extortion, violence, discrimination and marginalization”. As stated in Secretary-General Ban Ki-moon’s message:
Almost half of migrants are women; 1 in 10 is under the age of 15; 40 per cent live in developing countries. Poor and low-skilled migrants face the highest barriers to social mobility. The United Nations is acting to safeguard the rights of migrants, lower the social and economic costs of migration, and promote policies that maximize the benefits of mobility. Migrants should not be forced to risk lives and dignity seeking better lives.
Each year thousands of illegal migrants die in the Mediterranean, some under the wild waves of the cold sea, some in the hidden compartments of smugglers’ trucks and some God knows where…We will never forget the Lampedusa boat disaster, which claimed hundreds of emigrants’ lives last year in Italy.
A design response is vital in helping to find a solution to this humanitarian crisis.
The problem of Syrian refugees fleeing the civil war in their country is another issue requiring an immediate answer. Millions of people live in tents, temporary shelters and container houses in Turkey, Iraq, Jordan and Lebanon, for how long no one knows.
A design response is essential to raise the quality of these people’s lives.
The problems are complicated, social conditions are complex, and situations are chaotic in many Mediterranean states. Social unrest against long surviving regimes in Tunisia, Libya, Egypt, Syria etc., was initially welcome by the West. The images of anti-governmental protests were presented to the global public as if these movements could be the beginning of a new era and even maybe the beginning of participatory democracy in these countries. However, the expectations of this so-called Arab Spring have faded quickly in this respect. At a glance, protests began with people’s demands for democratic rights. Nevertheless, while protestors were critical of the status quo, their demands were vaguely articulated and showed little unity of purpose as to what should replace it. This resulted in power vacuums following the fall of the various regimes, which various factions and extremist groups have sought to exploit. Al Qaeda increased their presence in Syria and Iraq and the ‘Arab Spring’ ricocheted off the Mediterranean glass ceiling.
A design response is crucial to define and defend universal values valid for all.
Each country has its own particularities and civil unrest in the Mediterranean reflects these differences clearly: what happened in Egypt or Tunisia cannot be comparable with that of Syria. Therefore an analytical and critical approach with substantial local knowledge is imperative to obtain a realistic understanding of social turbulence being experienced in these particular countries. For example, the Turkish state’s distinctive reaction to the Gezi Park or Taksim Square Protests in 2013 needs to be underlined.{{1}}
Unlike many other protests, participants’ creative reactions made a significant mark on the Taksim Square demonstrations. During and after the events, participants and contributors produced art works, composed and made music, performed dance, shot art pictures, made documentary films, wrote books, designed posters and objects and so on. Innovative performances such as the “standing man of Taksim Square” [Fig. 1] and a great sense of humour have burgeoned through slogans, jokes, and graphic works and so on. For instance gas masks became a symbol of the protests and were widely used in every circumstance and in all media [Fig. 2, 3, 4]. For instance, when Izmir Mediterranean Academy produced a series of posters to celebrate the World Industrial Design Day on 29 June 2013, the mask was used for one of the posters to indicate that it is an object of design, while at the same time making an implicit reference to the Gezi Park resistance [Fig. 5]. Design was an inseparable tool of communication in Taksim Square with which protestors gained public sympathy and conveyed their messages more efficiently.
No doubt, the Mediterranean Emergency requires an urgent design response for all kinds of disaster, including natural ones such as flood, tsunami or earthquake. The list may extend easily. We are aware that some of these listed are not specific to the Mediterranean but applicable in other cases and areas too. However, when priorities are concerned, the current problems of the Mediterranean, such as immigration and refugees cannot be postponed and must be resolved quickly. Design has limited direct power to effect change yet nevertheless can help alleviate victims’ suffering as well as accelerate a political and social solution to problems. Therefore, a call for design response concerning the Mediterranean Emergency is not a fantasy but a must.
[[1]]http://en.wikipedia.org/wiki/2013_protests_in_Turkey [[1]]Disordini sociali, politici ed economici sembrano essere un continuo tormento per l’area mediterranea, sin, forse, dall’emergere del Mare Nostrum in epoca romana. I problemi che ci troviamo a fronteggiare oggi sono sempre esistiti. Tuttavia in questi ultimi anni questi problemi sono emersi in modo diverso e con essi la richiesta di risposte urgenti e adeguate alle nuove caratteristiche di questi ultimi.
Sappiamo che la limitata crescita economica e l’iniqua distribuzione della ricchezza sono alcuni dei motivi alla base delle migrazioni, oltre a un inadeguato accesso ai servizi di base e ai diritti fondamentali, che rendono le persone “vulnerabili all’estorsione, alla violenza, alla discriminazione e all’emarginazione”. Come indicato nel messaggio del Segretario Generale dell’ONU Ban Ki-moon:
“Quasi la metà dei migranti è costituita da donne, 1 su 10 ha solo 15 anni, il 40% proviene da Paesi in via di sviluppo. Gli immigrati poveri e scarsamente qualificati sono quelli che incontrano maggiori ostacoli alla mobilità sociale. Le Nazioni Unite devono agire per salvaguardare i diritti dei migranti, abbassare i costi sociali ed economici della migrazione, e promuovere politiche che massimizzino i vantaggi della mobilità. I migranti non dovrebbero essere costretti a rischiare la loro vita e la loro dignità in cerca di una vita migliore.”
Ogni anno migliaia di immigrati clandestini muoiono nel Mediterraneo, alcuni sotto le onde tempestose del mare, altri nascosti all’interno di autocarri guidati da contrabbandieri e altri ancora chissà dove… Non potremo mai dimenticare il disastro avvenuto alla fine dello scorso anno a Lampedusa in Italia dove sono morti centinaia di emigranti.
Una risposta progettuale è fondamentale per aiutare a trovare una soluzione a questa crisi umanitaria.
La questione dei profughi siriani in fuga dalla guerra civile nel loro Paese è un altro problema che richiede una risposta immediata. Milioni di persone vivono in tende, rifugi temporanei e case container in Turchia, Iraq, Giordania e Libano, per quanto tempo non si sa.
Una risposta progettuale è essenziale per migliorare la qualità della vita di queste persone.
In molti Stati dell’area mediterranea i problemi sono complicati, le condizioni sociali sono complesse e le situazioni caotiche. I disordini sociali sorti contro quei regimi che per lunghi periodi sono sopravvissuti in Tunisia, Libia, Egitto, Siria ecc., sono stati inizialmente benvisti da parte dei Paesi dell’Occidente. Le immagini delle proteste anti-governative sono state presentate al pubblico occidentale come se questi movimenti rappresentassero l’inizio di una nuova era e forse anche l’inizio della democrazia partecipativa in questi Paesi. Tuttavia, le aspettative di questa cosiddetta primavera araba sono sbiadite rapidamente in questo senso. In un primo momento le proteste hanno avuto inizio con la richiesta da parte della popolazione di diritti democratici. Tuttavia, anche se i manifestanti erano critici dello status quo, le loro richieste sono state articolate con vaghezza e hanno mostrato poca unità di intenti su ciò che avrebbe dovuto sostituire l’esistente. Questo ha provocato dei vuoti di potere che, dopo la caduta dei regimi, sono stati sfruttati dai gruppi estremisti. Al Qaeda ha aumentato la sua presenza in Siria e in Iraq e la “primavera araba” ha rimbalzato sul “soffitto di vetro” del Mediterraneo.
Una risposta progettuale è cruciale per definire e difendere i valori universali validi per tutti.
Ogni Paese ha le proprie particolarità e i disordini civili nel Mediterraneo riflettono queste differenze in modo chiaro: ciò che è accaduto in Egitto o in Tunisia non può essere paragonato a ciò che avviene in Siria. Quindi, un approccio analitico e critico con la conoscenza locale sostanziale è indispensabile per ottenere una comprensione realistica della turbolenza sociale che si sta vivendo in questi particolari Paesi. Ad esempio la reazione distintiva dello Stato turco alle proteste per lo Gezi Park, o di Piazza Taksim, nel 2013 necessita di essere sottolineata.{{1}}
A differenza di molte altre proteste, le reazioni creative dei partecipanti hanno dato un segno significativo alle dimostrazioni di Piazza Taksim. Durante e dopo gli eventi, i partecipanti alle proteste hanno prodotto opere d’arte, composto e realizzato musiche, eseguito balli, scattato fotografie artistiche, realizzato documentari, scritto libri, prodotto manifesti e oggetti di design e così via. Performance innovative come quella dell’“uomo in piedi a Piazza Taksim” [Fig.1], e un grande senso dell’umorismo, sono scaturiti attraverso slogan, barzellette, opere grafiche e così via. La maschera antigas, divenuta il simbolo delle proteste, è stata ampiamente utilizzata in numerose circostanze e attraverso tutti i media [Fig. 2, 3, 4]. E quando l’Izmir Mediterranean Academy ha realizzato una serie di manifesti per celebrare la giornata dedicata all’Industrial Design, il 29 giugno 2013, ha utilizzato la maschera per uno dei manifesti a indicare che esso è un oggetto di design, e facendo allo stesso tempo un riferimento implicito alla resistenza di Gezi Park [Fig. 5].
Il design è stato un inseparabile strumento di comunicazione in Piazza Taksim, con cui i manifestanti hanno guadagnato la simpatia del pubblico e convogliato i loro messaggi in modo più efficace.
Senza dubbio l’Emergenza Mediterraneo richiede una risposta progettuale di design urgente per tutti i tipi di catastrofi, incluse quelle naturali quali le inondazioni, gli tsunami o il terremoto. L’elenco può essere esteso facilmente, consapevoli del fato che alcuni di queste catastrofi elencate non sono specifiche solo del Mediterraneo, ma applicabili in altri casi e aree. Tuttavia, quando le emergenze sono pressanti, come nel caso dei problemi attuali del Mediterraneo, come l’immigrazione e i rifugiati, non possono essere rinviate e devono essere risolte rapidamente. Il design ha un potere limitato per portare a termine in maniera diretta questo cambiamento ma può tuttavia contribuire ad alleviare le sofferenze delle vittime, e ad accelerare una soluzione politica e sociale dei problemi. Infatti, l’invito a una risposta progettuale relativa all’Emergenza Mediterraneo non è solo un’idea, ma un dovere.
[[1]] http://en.wikipedia.org/wiki/2013_protests_in_Turkey [[1]]

Lascia un commento